Passaparola febbraio 2015

Un buon 2014, un buon 2015
Accompagnare le persone senza dimora: oltre a strutture nuove, un approccio diverso
Capodanno in Tenda
Gli scout del gruppo Ascoli Piceno 1
5 per mille alla Tenda


Un buon 2014, un buon 2015

Buon Anno a tutti da: Erika, Pietro, Stefano, Stefano, Francesco, Manuela, Elisabetta, Sara, Diego, Samuele, Sara, Nicola, Andrea, Giovanni ( i membri e gli amici del consiglio direttivo della Tenda di Abramo).
L’anno 2014 si è concluso per la nostra Associazione con l’accompagnamento a Parigi dell’ospite di origine francese che da un anno stavamo seguendo.
Con la collaborazione dei servizi sanitari del territorio, che hanno permesso ad A. di curarsi e di ricevere assistenza completa, e dell’ambasciata francese, che ha organizzato il viaggio e individuato in Francia una possibile di struttura di accoglienza per A., siamo riusciti ad accompagnare il nostro amico nel suo percorso. Anche la relazione con A. è stata un occasione di crescita per noi volontari: ci ha permesso di conoscere meglio la realtà dei nostri ospiti e di confrontarci con i nostri limiti da operatori che, a volte, cadono nella tentazione di misurare l’efficacia di un intervento in base a quante persone escono dalla strada definitivamente.
Ma la cosa più bella è stato sicuramente il legame che giorno dopo giorno si è costruito con A.
Era senza dimora da più di 10 anni, fuggito dalla Francia perché si sentiva di non avere nessun amico; nei suoi anni di strada aveva avuto difficoltà a convivere con altre persone nelle strutture di accoglienza, aveva preferito dormire al freddo sopra ai cartoni piuttosto che usufruire dei servizi.
A. è passato dalla paura dell’Altro all’attenzione verso gli operatori che lo accompagnavano. A tavola chiedeva sempre all’operatore che stava con lui in quel momento se avesse fame. Da queste attenzioni ci siamo resi conto che era nato un rapporto di interesse ed attenzione reciproco: anche A. dimostrava, a suo modo, la sua gratitudine e la sua vicinanza. Se all’inizio non voleva essere aiutato, in questo anno ha deciso di rifare i documenti di viaggio, di curare i problemi di salute emersi e di progettare il ritorno in Francia.
Dalla storia di A. vogliamo condividere alcune riflessioni, che leggerete negli articoli seguenti, sulle realtà delle persone senza dimora e iniziare il 2015 invitando tutti voi alla grande festa che la tenda di abramo organizza in occasione dei suoi 25 anni di vita.
Vi aspettiamo il 28 febbraio al circolo arci di fiumesino per fare festa insieme, mangiando e ricordando la lunga strada della nostra associazione.
vi faremo sapere in seguito tutte le informazioni tecniche…. intanto non prendete impegni per il 28 febbraio e chiediamo ad ognuno di  invitare a sua volta almeno 10 persone, perché l’esperienza della tenda di abramo va condivisa e regalata a chi non la conosce.

Accompagnare le persone senza dimora: oltre a strutture nuove, un approccio diverso
La Federazione Italiana Organismi per le persone senza dimora suggerisce che la definizione di persona senza dimora contenga quattro aspetti che “si integrano e si autoalimentano”:
1. la presenza contemporanea di bisogni e problemi diversi che rende il disagio della persona complesso e tocca più dimensioni (capacità di socializzare, salute fisica, salute mentale, problemi di giustizia etc…);
2. un progressivo percorso che, nel corso del tempo, rende più grandi e profondi i problemi della persona fino a renderle sempre più difficile un ritorno dignitoso all’interno della società: più la persona vive in strada, più sarà difficile per lei uscire dalla spirale;
3. la difficoltà nel trovare accoglienza e risposte appropriate nei servizi istituzionali per due motivi principali:
a – rispetto alla persona, per la quale risulta difficile accedere a servizi sociali e sanitari pensati per tutti gli altri cittadini. A loro volta, i servizi propongono soluzioni diverse da quelle che la persona senza dimora si aspetterebbe
b – rispetto ai servizi, per la difficoltà che essi hanno nel riconoscere la persona senza dimora come un utente di loro “competenza”,ad esempio per questioni di residenza.
4. la difficoltà per la persona a strutturare e mantenere relazioni significative.
Tutto ciò premesso, è possibile definire una “persona senza dimora” come un soggetto in stato di povertà materiale ed immateriale, portatore di un disagio complesso, dinamico e multiforme.
La difficoltà dell’intervento con le persone senza dimora è legata fondamentalmente a differenze culturali e del modo di comunicare
L’intervento dovrebbe tener conto della fatica che   alcuni “homeless” hanno di uscire dalle loro abitudini di strada e offrire proposte graduali che superino l’approccio dell’emergenza e che non siano costrittive ma elastiche.  E’ per questo che, spesso, la persona senza dimora rifiuta addirittura l’ingresso in una struttura rischiando di morire di freddo. E questo non significa che lo abbia scelto consapevolmente ma che uno stile di vita di questo tipo provoca dipendenza e rende estremamente faticoso il rientro nei “nostri” schemi sociali. Preferisce sopravvivere piuttosto che vivere, ha bisogno di tempo per ri-apprendere alcune capacità che la strada ha nascosto. Accade così che molte persone senza dimora, stabilmente in una condizione d’estrema stanchezza fisica e di confusione mentale, si adattino a una vita fatta di espedienti, senza tentativi di reale cambiamento, quasi a proteggersi dalla paura di nuovi fallimenti. Esse non condividono più i tempi, gli spazi e i consumi comuni agli abitanti della città; da “senza dimora” perdono gradualmente anche l’identità di “cittadini”.
La storia della maggior parte di questi uomini e donne è una catena di sradicamenti progressivi e cumulativi: dal lavoro perduto ripetutamente o mai trovato, al mondo degli affetti rotti o troppo deboli, ad un ruolo di poco conto nel proprio territorio, all’inadeguatezza culturale, e infine ad un’uscita progressiva dagli standard della vita normale. Una costante delle persone senza dimora  e data dal “rischio di dissolvimento delle reti sociali primarie”: le relazioni nella sfera degli affetti non reggono, la famiglia non c’è o non sa sostenere e accogliere i problemi della persona.
Inoltre, la permanenza prolungata nella condizione di isolato, “vagabondo”, “mendicante”, rende sempre più difficile il rientro in stili di vita “normali”. Così la situazione si cristallizza per poi portare ad una lenta involuzione della persona, confermando stili di vita da cui il recupero diventa sempre più difficile.
Da ultimo, come elemento definitivo del distacco dalla cosiddetta normalità, c’è lo stigma sociale: è il contesto circostante degli sguardi di disapprovazione, di pietà, di giudizio morale e presa di distanza degli altri uomini e delle altre donne a marcare il passaggio verso un altro mondo, diverso e separato da chi sta bene. Pertanto, godere di scarsa o nessuna reputazione come avviene per le persone senza dimora,, equivale a sentirsi a disagio tra la gente e a perdere stima di se stessi.
In chi si sente emarginato, l’essere fuori dal mondo è il risultato e la causa della progressive riduzione della socialità che viene limitata alla ricerca dei bisogni materiali, in fuga dagli ambiti sociali normalmente dotati di senso. Il processo ha la forma di una spirale in discesa: col crescere della dipendenza e della mancanza d’autonomia nell’accesso alle risorse si riduce anche la possibilità di accedere a nuove reti di rapporti affettivi in grado di sostenere la persona, così da rendere sempre più difficile il recupero di risorse e rendendo l’isolamento sempre più radicale. L’insieme delle reti sociali attorno alla persona, indispensabile a renderlo motivato, attivo e capace, si dirada – a meno che non si riesca a riallacciare i rapporti con interventi mirati – erodendo lo spessore sociale della persona; accade così che essa diventi straniera nello spazio, nell’ambiente di vita e nel contesto sociale.
E allora che si fa? La letteratura e l’esperienza di Associazioni come il Nuovo Albergo Popolare di Bergamo gestito dall’Associazione Opera Bonomelli e l’Associazione S. Marcellino di Genova, che operano da anni sul tema dell’estrema povertà, suggeriscono che “l’elemento chiave rispetto al cambiamento è sicuramente la relazione, la fiducia e anche la capacità del servizio e dell’operatore di uscire da una logica risolutrice di problemi e di lavorare il più possibile sulla capacità individuale della persona” (Giacomo Invernizzi del Nap di Bergamo).
Quindi è importante che la società, le istituzioni e le persone che vivono tutti i luoghi urbani dove di consueto trovano rifugio le persone senza dimora non applichino una politica di “caccia” alla persona che assume dei comportamenti “fuori dalla normalità”, ma trovino una mediazione tra le esigenze di questi luoghi e le difficoltà di queste persone.
Inoltre è importante che i diversi attori sociali del territorio condividano un approccio e un modo di intervenire che sappia coniugare l’opera assistenziale, che risponde ai bisogni di prima necessità, con l’intervento riabilitativo basato sulla relazione tra operatore e utente, con l’obiettivo di rendere la persona più autonoma possibile affinché riesca a liberarsi dalla dipendenza dalla strada e dai servizi. La relazione va alimentata continuamente e messa in discussione, studiata, ricercata con il confronto continuo tra operatori e supervisori in un coordinato lavoro di rete.
Padre Remondini, Presidente dell’Associazione S. Marcellino di Genova che dagli anni ottanta opera con le persone senza dimora, si è chiesto se fosse possibile riportare alcune di queste persone all’autonomia ed ha elaborato un progetto pilota, definito “Progetto di riabilitazione”. Lui riferisce che “Non si tratta evidentemente di qualcosa di definitivo ma di un “processo” che continuamente si sforza di riadeguarsi al diverso fluire della realtà delle persone accolte”.

Capodanno in Tenda
Metà dicembre. Tutto ha inizio con una serata come tante, trascorsa tra amici a chiacchierare su come e dove trascorrere l’ultimo giorno del 2014.
Tra le varie proposte fatte, una in particolare appena sussurrata, stonava rispetto alle altre: volontariato.
L’idea, presentata più come un gioco che come una volontà reale, nel corso dei giorni si insinuava nelle nostre menti prendendo sempre più spazio, fino diventare sempre più concreta.
Esistono moltissime realtà che operano nel sociale, ma la scelta è ricaduta quasi immediatamente sulla Tenda di Abramo.
La decisione ci è sembrata la più giusta per entrare in contatto con un mondo che fino al 31 dicembre credevamo più distante dalle nostre quotidianità!
Andrea, Giada e Silvia non erano volontari della casa di accoglienza, mentre Luca lo era stato parecchio tempo prima.
Tramite Erica ci siamo messi in contatto con Carla, Silvio, Gabriele e Roberto per cercare di mettere ordine a qualcosa che era ancora del tutto nebuloso nelle nostri menti nonostante mancassero pochi giorni al 31.
Una volta dentro, a quei nomi scritti tramite sms abbiamo finalmente attribuito un volto cercando di vincere quella sensazione di disagio che si ha quando stai per conoscere persone nuove, con le quale devi condividere un’esperienza mai vissuta prima.
Ad interrompere questo momento di “presentazioni e convenevoli” ecco il suono del citofono della casa, i primi ospiti infreddoliti, i primi “buona sera”, i primi volti.
E come se qualcuno avesse premuto il tasto play eccoci ai nostri posti, scelti così su due piedi, in base alle nostre attitudini, in maniera spontanea. Chi all’accoglienza e chi ai fornelli, collaborando, tagliando cipolle ed improvvisandoci cuochi, ognuno con i suoi consigli su come preparare la cena nel migliore dei modi: ed il risultato c’è stato…(forse il sugo era un po’ sciapo!) Antipasto, primo, lenticchia e cotechino come deve essere un cenone di Capodanno che si rispetti!
Tra ospiti e volontari eravamo tanti, stavamo vicini, e si è creato un clima familiare che ha cercato di scaldare quella stanza resa fredda non solo dall’inverno, ma anche dagli sguardi, dalla pelle e dalle storie che gli ospiti ci hanno raccontato.
Il nostro obiettivo era quello di regalare ai nostri amici una serata piacevole, di festa, di serenità: e quale cosa è più dolce del torrone, del panettone e delle tombolate ricche di premi in attesa della mezzanotte?
Così è stato, tra risate, gesti scaramantici per scongiurare quel numero che non vuole uscire, traduzioni in inglese per chi non aveva idea di che cosa fosse la tombola e sorrisi per chi si è portato “a casa” tutti i premi in pochi secondi!
All’improvviso è giunto il momento del conto alla rovescia… ma se non fosse stata la tv accesa a ricordarcelo… forse ci saremmo accorti in ritardo che l’anno nuovo era arrivato! Ed ecco gli abbracci, gli auguri, gli in bocca al lupo per il giorno successivo e per il futuro… e perché no, anche qualche fontanella e qualche fuoco d’artificio….perché vogliamo sperare che per tutti l’anno sia iniziato in maniera scintillante e luminosa!

Silvia e Luca

Gli scout del gruppo Ascoli Piceno 1
Desideriamo ringraziarvi per la generosità e  cortesia con cui ci avete accolto, abbiamo vissuto una bella esperienza insieme che ci ha rafforzato su un valore molto caro a noi scout e cioè che la  vera felicità consiste nel fare felici gli altri.
Abbiamo riferito la nostra esperienza agli altri scout del nostro gruppo e spero proprio che anche altri possano raggiungervi.
Ho chiesto ai ragazzi del mio noviziato del gruppo Ascoli Piceno 1 di formulare un pensiero a distanza di 10 giorni  dall’esperienza e ve la giro come saluto in vista delle festività :
“ Un esperienza che chiunque dovrebbe provare , che ci rende consapevoli della realtà che ci circonda, che dietro l’angolo ,su una panchina c’è una persona che ha bisogno del nostro aiuto e soprattutto della nostra attenzione.
E’ proprio vero che la felicità nasce dal fare del bene all’altro “
Elisabetta, Edoardo, Fabio, Leonardo.
Un caro abbraccio a tutti i volontari della Tenda di Abramo ed un augurio di un Santo Natale

Andrea

5 per mille alla Tenda
Se sei interessato a destinare il tuo 5×1000 dell’IRPEF al sostegno del servizio alle Persone Senza Dimora offerto dalla nostra associazione, ci sono tre modi diversi di farlo. Puoi:
– compilare un’apposita scheda se non denunci alcun reddito;
– oppure se fai il modello 730, compilare anche il modulo 730bis;
– oppure, quando consegnerai il modello UNICO, devi scriverlo nel frontespizio vicino alle informazioni sulla destinazione dell’8 per mille.
Prendi i documenti che ti servono e annota questi dati; occorre
1.firmare in corrispondenza della dicitura “Sostegno delle organizzazioni non lucrative”
2.scrivere il codice fiscale della Tenda: 93023980423
Chiediamo a tutti di diffondere quanto più possibile l’iniziativa, e di fornire a quelli che conosciamo (parenti, amici, conoscenti, colleghi di lavoro) il nostro codice fiscale. Se il cittadino non esprime alcuna preferenza, il 5 per mille resterà allo Stato.
Nella sezione documenti/sensibilizzazione del nostro sito www.tendadiabramo.it trovi un volantino che puoi fotocopiare e distribuire a chi vuoi.

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